Quella sera maledetta io, otto anni, dormivo in camera con mia sorella di dieci anni al terzo piano della mia casa. Mia mamma, al piano di sotto, stava lavando i piatti perché mio papà aveva appena cenato dato che, lavorando nella ditta che aveva con il mio padrino – Ditta Capraro-Scagnet - era appena arrivato da Piacenza con l’autotreno. Dopo aver caricato il cemento a Castellavazzo, doveva partire per Agordo. La mamma sentì un forte vento, i vetri che sbattevano, la luce sparì e la casa si aprì dallo spostamento d’aria, vide le stelle e poi arrivò l’acqua. Mentre veniva sballottata dalle onde, si fece il segno della croce dicendo -Questa è la fine del mondo!- La forza dell’acqua la portò a nord, al bivio con Castellavazzo. Con una macchina fu portata a Pieve di Cadore. Fu la prima arrivata, nessuno sapeva ancora niente di quello che era successo tanto che le chiesero se, per caso, non avesse subito percosse o fosse stata gettata in un fosso. Le diagnosticarono grave shock traumatico, ferite multiple, ematoma su tutto il viso con vaste ferite lacero- contuse al cuoio capelluto Io non mi sono accorto di nulla, per fortuna! Quando mi sono svegliato, ero in po’ intontito, ho fatto per accendere la luce e sono scivolato. Non mi rendevo conto di quello che era successo essendo al buio. Sentivo l’acqua che mi arrivava alle caviglie e tante urla di aiuto, tanto che mi misi anch'io a gridare aiuto.

Poco dopo sono arrivati i soccorritori che mi hanno trovato sui gradini del Municipio. Mi hanno portato in un appartamento lì a fianco, ero completamente nudo e tremavo come una foglia.

Mi hanno coperto con una coperta e, con la prima vettura disponibile, mi hanno portato all’ospedale di Pieve di Cadore. Mi hanno riscontrato un grave shock traumatico, contusione cranica con ematoma escoriato alla regione temporale sinistra più ferite multiple. Mia sorella, purtroppo è deceduta e l’hanno trovata a Sedico-Bribano, a 30 chilometri di distanza. Mio papà fu trovato a Fortogna. Dopo 40 giorni di ospedale siamo andati, provvisoriamente, dagli zii, a Igne, una frazione. Rimasi molto scioccato quando vidi che al posto di Longarone c’era un deserto di rottami dove lavoravano ruspe, gru, camion, soldati e, soprattutto, c’erano molti cadaveri.

 

RENZO SCAGNET

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Longarone

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