Il destino della storia attraverso i mass media: la tragedia del Vajont

Storia del Giornalismo e delle Comunicazioni sociali, a.a. 2001-2002-08-08

" Nelle società storiche tutto è già stato deciso nel passato. Tutte le energie, i sentimenti, le passioni sono rivolti al passato, per discutere la storia, il significato della storia. Queste società vivono in un regno fatto di leggende e di stirpi fondatrici. Non sono capaci di parlare dl futuro perché non suscita il loro la stessa passione del passato. Sono società fatte di personaggi storici, che sono nati e vivono una storia di grandi battaglie e conflitti. Come certi anziani ex- combattenti, l'unica cosa di cui abbiamo voglia di parlare è quella grande crisi, carica di un' emozione talmente profonda che non sono mai riusciti a dimenticarla.
Tutte le società storiche vivono con questo peso che ne annebbia la mente e l'immaginazione, Sono costrette a vivere profondamente radicate nella storia, perché è così che si identificano. Se perdono La loro storia, perdono l'identità, e allora non solo diverranno anonime, ma cesseranno di esistere.
Dimenticare la storia significherebbe dimenticare se stesse , cosa impossibile dal punto di vista biologico e psicologico." 1.

1 Ryszard Kapascinski a proposito della differenza tra società storiche, europee, e gli Stati Uniti,in un articolo scritto per il quotidiano spagnolo El Pais., dal titolo" Un mondo, due civiltà " e apparso in traduzione sul n° 431 di Internazionale, 5 aprile 2002.

Introduzione

La portata e il significato di un evento storico, sia quando accade, sia in particolare quando viene ricordato negli anni a venire, dipendono spesso dal modo in cui i mass media ne parlano. Questo modo è a sua volta influenzato da fattori di diversa natura: interessi economici, politici, nonché gli interessi e le caratteristiche formali dei mezzi di comunicazione stessi, e fra tutti oggi la televisione, il cinema e, in posizione di sudditanza rispetto a questi, la stampa. Da queste rappresentazioni del passato dipende l'identità collettiva del gruppo a cui sono indirizzate.
Con questo lavoro si cerca di dimostrare che ciò si è verificato anche per la tragedia del Vajont.

Alcune date e fatti. 1

22 giugno 1940 La Società Adriatica di Elettricità ( SADE ) chiede l'autorizzazione per utilizzare i deflussi del Piave, degli affluenti Boite, Vajont e altri minori, nonché la costruzione di un serbatoio della capacità di 50 milioni di metri cubi d'acqua creato mediante la costruzione nel Vajont, di una diga alta 200 metri.

15 maggio 1948 La Sade presenta domanda di variante per la costruzione di un serbatoio di 58 milioni di metri cubi.

23 gennaio 1949 Il Consiglio Comunale di Erto- Casso ratifica la vendita alla SADE dei terreni situati in Val Vajont di proprietà comunale. Nei mesi seguenti comincia la trattativa tra la Sade e i proprietari privati per l'acquisto dei terreni non comunale.
Gennaio 1957 Senza autorizzazione la SADE inizia i lavori di scavo
Aprile 1957 La SADE presenta il progetto esecutivo firmato dall'ing. Carlo Semenza :la diga sarà alta 266 metri e il serbatoio avrà una capacità di 150 milioni di metri cubi d'acqua : costo previsto 15 miliardi di lire, con un contributo governativo di 4 miliardi e 805 milioni.
Giugno 1957 La relazione geologica di Dal Piaz viene controllata da Semenza.
6 Agosto 1957 Rapporto geotecnica di Leopold Muller ( il secondo commissionatogli dalla SADE ):…" il terreno di sponda sinistra, caratterizzato da ammassi di sfasciume, sui cui verdi pascoli sorgono numerosi casolari è in forte pericolo di frana, sebbene sia una formazione rocciosa. La roccia è ivi molto fratturata e degradata e può pertanto facilmente scoscendere ed essere posta in movimento. "
22 marzo 1859 Frana di Pontesei : 3 milioni di metri cubi di roccia cadono nell'invaso costruito dalla SADE . Muore l'operaio Arcangelo Tiziani.
5 maggio 1959 Appare sull'" Unità " un articolo di Tina Merlin dal titolo " La SADE spadroneggia ma i montanari si difendono ", dove si denunciano le responsabilità della SADE e si espongono i pericoli cui la popolazione di Erto va incontro con la costruzione della diga. L' articolo costa alla Merlin ed al direttore dell" Unità " la comparsa in giudizio " per diffusione di notizie false, esagerate , tendenziose capaci di turbare l'ordine pubblico".
Settembre 1959 La costruzione della diga è ultimata : 261,60 metri d'altezza, 360.000 metri cibi di calcestruzzo e 400.000 metri cubi di roccia asportata.
10 ottobre 1959 Sesto rapporto geologico di Leopold Muller : i suoi dubbi sulla stabilità della sponda sinistra sono tali che propone alla SADE dieci diversi tipi di indagine per testare la stabilità dei fianchi del futuro serbatoio

2 dicembre 1959 Crolla la diga del Frejus . Semenza scrive a Dal Piaz che spera di rivederlo presto per discutere del Vajont che " il disastro del Frejus rende più che mai di acuta attualità."
Marzo 1960 In concomitanza con il primo invaso, si verifica una frana che si stacca dal monte Toc, immediatamente sovrastante il fondovalle.
4 novembre 1960 Una frana di 700.000 metri cubi di roccia si stacca dal monte Toc e cade nel bacino. Sul Toc, sul versante sinistro della valle, compare una fessura lunga 2500 metri a forma di M : è il profilo della frana del 9 ottobre 1963.
2 febbraio 1961 Al Consiglio provinciale di Belluno i gruppi socialista e comunista presentano un'interpellanza sulle misure da chiedersi per scongiurare il pericolo che sovrasta la popolazione di Erto, Longarone e paesi limitrofi.
Gennaio - Settembre 1961 La SADE commissiona al CIM, Centro Modelli Idraulici di Nove ( Vittorio Veneto ), un modello del bacino di Vajont e della diga in scala 1:200 : per valutare l'entità di onde provocate da frane che si verifichino entro il bacino. Nonostante i risultati negativi, la SADE riprende l'invaso della diga.
Gennaio-maggio 1962 In concomitanza con i nuovi invasi, si registrano frequenti scosse telluriche. diicembre 1962 Nasce l'Ente Nazionale Elettricità, ENEL, l'attività della SADE passa al nuovo ente.
15 settembre 1963 Sul Toc si apre una fessura; si notano inclinazioni degli alberi, avvallamenti della strada di circonvallazione.
9 ottobre 1963 Mattina. I movimenti della frana fanno sì che il canale di scarico dell'invaso sia ostruito.
Ore 12. Durante la pausa pranzo alcuni operai ENEL fermi sul coronamento della diga vedono ad occhio nudo il movimento della montagna.
Ore 22,39 La frana si stacca, non in due tempi, bensì come corpo unico, compatto: 260 milioni di metri cubi di roccia. In quel momento il livello dell'acqua è a quota 700,62m slm ;l'onda di 50 milioni di metri cubi provocata dalla frana provoca 1917 morti :1450 a Longarone, 109 a Castellavazzo,158 a Erto e Casso, 200 originarie di altri comuni limitrofi.

Il processo contro i responsabili del disastro del Vajont si apre nel novembre 1969. Nel febbraio 1997 il Tribunale Civile di Belluno condanna la Montedison, società nella quale è confluita la SADE, e l'ENEL al risarcimento di danni patrimoniali, extra-.patrimoniali,morali, ambiental, ed ecologici.

Dove era il Quarto Potere ?

Il 13 maggio 1959 centoventisei capifamiglia del territorio intorno a Vajont si riuniscono con le famiglie per discutere sul problema della frana. Presenti due giornalisti : Tina Merlin e un cronista del " Gazzettino". Il " Gazzettino" su Vajont non scrive mai niente, dall'inizio della costruzione della diga fino al 1963, sul giornale compaiono solo i comunicati stampa della SADE. Proprietario della testata veneta non era più il conte Vilpi di Misurata, ma un conte comunque nella storia c'era : il conte di Monselice. Vittorio Cini, appartenente ad una delle più potenti famiglie di Venezia e presidente della SADE:
La Merlin, invece, dopo quel 3 maggio pubblica sull'"Unità" l'articolo che le costa la denuncia: La SADE spadroneggia, ma i montanari si difendono, ma in quel periodo, ( in pieno regime Democristiano), il giornale portavoce del Partito Comunista non godeva di molto credito e la Merlin, una donna per giunta, non era certo una delle grandi" personalità" giornalistiche. Alle quali i quotidiani affidavano il proprio successo. Tuttavia, dopo il processo a Milano contro la giornalista bellunese, seguito da "l'Unutà" in tutte le sue tappe,e dopo la sua assoluzione," all'improvviso"l'opinione pubblica si accorge del Vajont: la provincia di Belluno, non solo le opposizioni, adesso anche la maggioranza, mette la questione all'ordine del giorno, tuttavia nessuno cercherà di adottare dei provvedimenti per evitare il peggio. Ed il peggio accadde, il 9 ottobre 1963.
Il 14 ottobre 1963 appare su " Paese Sera" un corsivo siglato( C ) :" Il silenzio che la stampa italiana unanime ( fatta eccezione per il " Paese Sera e per un timidissimo accenno apparso sul"Giorno" ) ha mantenuto sui clamorosi precedenti del disastro del Vajont, che "l'Unità" ha pubblicato martedì mattina, costituisce un episodio molto desolante della storia del giornalismo italiano".
E' stato anche per merito degli organi d'informazione italiana se, inoltre, per molto tempo si sono tenute le tesi della" catastrofe naturale", della " imprevedibilità dell'evento". Nessun collega italiano che lavorava per i giornali governativi o padronali, oppure cronista della RAI-TV è venuto a cercarmi in quei giorni-scrive Tina Merlin - al contrario dei colleghi stranieri ; inglesi, americani, francesi, tedeschi. Compresi i colleghi della TV francese di De Gaulle , che mi intervistarono nella tipografia della redazione milanese de"l'Unità", mandando in onda il servizio il 19 ottobre, corredato dalle testate degli articoli de " l'Unità" pubblicati nel 1959/1960/1961".
Per i giornali del potere economico, portavoce del potere politico, che traevano le loro informazioni, prima e anche dopo il 9 ottobre, dalle veline della DC, della SADE, dell'ENEL, le denuncie pubblicate su "l'Unità" diventano" speculazioni politiche" dei comunisti. Un grande manifesto della DC, affisso in tutta Italia il 19 ottobre, titola a caratteri di scatola SCIACALLI. Anche Montanelli sulla " Domenica del Corriere" parla di sciacalli sguinzagliati dal partito comunista per fomentare l'odio ; " La Discussione", settimanale della DC, nel tentativo di salvare la SADE e i ministri democristiani dalle accuse, incolpa addirittura Dio.
Mancava allora, e forse manca tutt'oggi. In Italia un giornalismo di denuncia che " lavori" per i cittadini e una cultura dell'informazione come contro-potere.

" Le storie non esistono se non c'è qualcuno che le racconta "

Le storie , in questo caso la storia del Vajont, vengono raccontate però in tanti modi diversi : uno è il fatto storico accaduto e tante sono le memorie che si sviluppano, costruzioni in continuo divenire., e suscettibili a molteplici influenze.
A dieci anni dalla catastrofe del Vajont, il ricordo è affidato ad una serie di cerimonie religiose in tutti i comuni colpiti, che si intrecciavano ai discorsi di alcuni rappresentati politici locali." Il Gazzettino di Belluno" dedica a questi fatti un articolo su due colonne e tre fotografie.
Il 10 ottobre 1983, invece, l'edizione locale del " Gazzettino" dedica due pagine alla cerimonia di commemorazione svoltasi il giorno prima a Longarone, con un taglio decisamente cronachistico. Al centro spicca la figura dell'attuale Capo dello Stato, Sandro Pertini, in cui vengono riportati i vari spostamenti, dall'aperitivo al caffè Deon, alla cena all'hotel Villa Carpenada, ma soprattutto si sottolinea il calore con cui la gente del posto lo ha accolto, elevandolo quasi ad eroe : finalmente lo Stato scende tra il popolo. La serie di quattro fotografie, che vedono ritratto Pertini durante vari momenti della cerimonia, disposte come un fotogramma sotto il titolo principale, evidenziano l'importanza data alla sfera civile rispetto a quella religiosa : due foto della consacrazione della nuova chiesa di Longarone ( che potrebbe essere analizzata con tutta la nuova struttura urbanistica di Longarone, come esempio di sequenza pubblica narrativa), infatti, il vescovo Ducoli. Sembra inglobato dalle numerosissime persone, non " spicca" come il Presidente, E' curioso notare, incastonata tra le fotografie, la pubblicità di " Longarone- Optimac-1° Mostra di macchine componenti e materie prime per l'occhialeria", come a dire non esiste solo il passato, la gente di queste parti sta lavorando per darsi un futuro e conquistarsi un ruolo nell'economia nazionale.
Sull'edizione nazionale de " Il Gazzettino" poche righe. Eppure a Milano in quello stesso anno, viene pubblicata la prima edizione del libro di Tina Merlin,Sulla pelle viva, e già altri libri importanti sul Vajont avevano visto la luce." Nel 1983, quando Tina scrive questo libro, la stagione della memoria vive forse il tempo più brutto. L'Italia degli anni '80 , proiettata in avanti verso il sogno di entrare nell'olimpo dei paesi più potenti del mondo, non ha più tempo e voglia di guardarsi alle spalle. Insieme alla stagione della politica nelle scuole e nelle strade e a quella successiva del terrorismo, seppellisce in fretta anche la stagione del suo passato contadino, ma anche di quello industriale….l'Italia dimostra una gran fretta di diventare post-qualcosa."
E' stato Gianpaolo Pansa nel 1993 a " scoprire" che già nei fatti raccontati dalla Merlin si annidava ciò che l'Italia sarebbe diventata nei trent'anni seguenti, Negli anni di Tangentopoli e dei processi targati " mani pulite", " Il Gazzettino di Belluno " riporta in prima pagina proprio le parole di Pansa, tratte dalla prefazione del libro di Tina Merlin ristampato,( desiderio di non dimenticare e marketing editoriale? ) proprio nel 1993 :"Vajont 1963" è proprio questo: un libro sul potere come arbitrio e sui mostri che può generare. In fondo. La storia di Tangentopoli, no? L'arroganza di troppi poteri forti. L'assenza di controlli. La ricerca del profitto a tutti i costi. La complicità di tanti organi dello Stato. I silenzi della stampa. L'umiliazione dei semplici. La ricerca di una giustizia : il crollo della fiducia in una repubblica dei giusti".
Ecco l'occasione giusta per costruire o rinforzare, attraverso la stampa, il mito del " montanaro innocente, genuino " e alimentare la contrapposizione tra montagna, roccaforte di valori antichi, e la città, luogo del potere e della corruzione. Ma fu rinascita " pulita", titola infatti Flavio Olivo, nella seconda delle tre pagine dedicate al ricordo-richiamo all'attualità, riportando la parole del sindaco di longarone Gioachino Bratti, tese a sottolineare, da una parte l'estraneità ad ogni scandalo politico ed economico, dall'altra la laboriosità ( altro stereotipo dell'uomo di montagna e oggi estesosi a tutto il NordEst ) con cui la gente dl posto si è prodigata per dare un futuro alla propria comunità,elencando ciò che nel tempo è stato realizzato:l'industria, la Fiera. Il Parco naturale. Il centro di protezione civile. Tutto però nel rispetto dell'ambiente ( siamo anche in un periodo, gli anni '90, in cui il pensiero ecologista-ambientalista sta riscuotendo ampio successo, no? ), altro valore su cui si può basare un ulteriore contrapposizione tra " noi", gente di montagna, e " loro", cittadini e poteri dello Stato.
Strutturato in questi termini, noi-montanari da una parte, loro-poteri economici, politici dall'altra la memoria del Vajont raggiunge anche lo scopo, ( perseguito consapevolmente o no dai giornalisti che hanno scritto questi articoli ), di rafforzare l'identità e la coesione interna della popolazione colpita dalla tragedia, che si costruisce come gruppo " a parte".
Questo senso di appartenenza si crea anche ricorrendo ad espedienti retorici, immagini e clichè che parlano più all'emotività che non alla razionalità dei lettori. Si può per esempio esemplificare e rendere contemporaneamente più attraente l'intreccio dei vari fatti ( che nella vicenda del Vajont sono veramente complessi), costruendo il ricordo come fosse un racconto, una leggenda alla maniera di Propp : eroi buoni da una parte e cattivi dall'altra, impegnati ad impedire ai primi di portare a termine il loro compito . In fondo a pagina tre del " Gazzettino" locale del 9 ottobre 1993, infatti, compare una striscia dedicata a tre " buoni" della vicenda, i giornalisti ( autoelogio della stampa ) Armando Gervasoni, Tina Merlin e Fiorello Zangrando : un breve resoconto della loro vita e del loro lavoro affianca le rispettive foto a mò di icona. Come si noterà anche avanti, si è cominciato a far ruotare la memoria di un fatto intorno all'" esaltazione" di alcune personalità, a ricercare, oppure a costruire ex-novo, il " Personaggio".

E venne il teatro, la televisione, il cinema……

Dal 1993 Marco Paolini, attore con il Teatro Settimo diretto da Gabriele Vacis, ha cominciato a raccontare le vicende del Vajont attraverso un monologo teatrale di più di tre ore: Nell'ottobre del 1997 lo spettacolo di Paolini arriva anche al Teatro Comunale di Belluno, ma il " Gazzettino" comincia a preparare " l'evento" fin da settembre incitando la gente ad accaparrarsi subito i biglietti disponibili. Motivo di tanto entusiasmo però sembra essere soprattutto il fatto che il 3 ottobre il recital di Paolini verrà trasmesso in diretta su Rai Due in prima serata dalla diga del Vajont, vista ora attraverso la logica della spettacolarizzazione come " teatro suggestivo, supportato da un impianto luce di particolare effetto". Come a dire : verrà visto in televisione, ne parlerà anche la televisione del Vajont, quindi " possiamo" parlarne anche noi , stampa locale, in modo diffuso. Ecco la " sudditanza" al mezzo televisivo di cui la stampa italiana ha sempre più o meno sofferto dagli anni '60 in poi.La televisione " entra" nei quotidiani e impone la supremazia, la sua agenda settino, influenzando i valori di notiziabilità tradizionali e il modo in cui le notizie vengono esposte.
Dopo le prime rappresentazioni della piece di Paolini a teatro e soprattutto alla diga, di fronte ai superstiti e alla gente di Longarone, gli articoli dell'edizione locale del " Gazzettino",assumono spesso la forma dell'intervista, in vero stile televisivo, ovvero dedicando più spazio ai sentimenti, alle emozioni delle persone e meno all'informazione di quanto effettivamente è accaduto, e soprattutto all'approfondimento di alcune tematiche.
Infotainment? Forse, in particolare se si presta attenzione alla personalizzazione ad oltranza svolta dal " Gazzettino" locale : Paolini assurge al ruolo di vero eroe, acclamato dalla folla ( gli viene anche conferita la cittadinanza onoraria a Longarone ), mentre ci si accorge che anche nella provincia di Belluno non mancano i "personaggi" : Mauro Corona, le cui storie sull'infanzia vissuta a Erto vengono raccolte negli anni successivi in libri di successo ( Il volo della martora, per esempio) e il poeta dialettale Federico Tavan, inizia anche una vera e propria operazione di "merchandising" sulle pagine del " Gazzettino di Belluno": nel consueto appuntamento dei libri più venduti della settimana, trova ampio spazio " Il racconto del Vajont" di Paolini e Vacis e, finalmente un po' di pubblicità anche per la terza edizione del libro della Merlin, " Sulla pelle viva ", questa volta " degno" di essere ricordato anche perché arricchito da una nuova prefazione di Paolini:
Dal 1999, invece, la memoria del Vajont assume forma cinematografica: il 24 settembre viene presentato dal regista Renzo Martinelli un progetto per realizzare un film sul Vajont. " E' la prima volta- ha dichiarato Martinelli durante la conferenza stampa di presentazione - che sia la stessa Rai a propormi il progetto e non io a chiedere di poterlo realizzare" Forse ciò è da collegare al fatto che in quel periodo in Italia vi era un governo di sinistra , con D'Alema presidente del Consiglio, e negli anni precedenti alla tragedia del Vajont solo i partiti di opposizione di allora, comunista e socialista, hanno cercato di mostrare all'opinione pubblica i pericoli che la costruzione della diga avrebbe comportato per la gente di quei posti. Insomma il film di auto-elogio, dopo che alcuni anni prima , sempre un governo di sinistra aveva finanziato un film allo stesso Martinelli, Porzus, nel quale invece si denunciavano le colpe della sinistra.
" Il Gazzettino di Belluno" segue con scrupolosità tutte le fasi della lavorazione del film, creando un clima di suspance crescente, ed informando i propri lettori su luoghi e date delle riprese, e soprattutto sul modo in cui è possibile parteciparvi come comparse. Per tutta la comunità bellunese, Longarone e dintorni significa finalmente aver acquisito- grazie al film-importanza e dignità : il Vajont comincia ad esistere anche per l'opinione pubblica nazionale, solo dopo essere passato attraverso la rielaborazione svolta dai mezzi di comunicazione di massa, la televisione innanzitutto, con la diretta dello spettacolo di Paolini nel 1997.
L'atmosfera che si crea è quasi hollywoodiana: arrivano gli attori, Leo Gullotta, Michel Serrault, Laura Morante nel ruolo di Tina Merlin. "Il Gazzettino" locale si focalizza molto su di lei, cerca attraverso le testimonianze di varie persone di costruirne un ritratto il più possibile gradevole," E' una donna molto disponibile. Ha dato dei consigli al regista su come girare la scena che mi vedeva tra i protagonisti .Le ho poi fatto vedere il libro di mio padre Bepi e lo ha letto con grande attenzione" dice Luca Zanfron che nel film impersona il padre, il fotoreporter bellunese che per primo ha fotografato i luoghi colpiti dall'onda. Anche Bepi Zanfron, memoria storica di quel periodo, diviene un " personaggio" : Il " Gazzettino" ne pubblicizza i libri, raccolte di immagini della tragedia del Vajont, coinvolgendolo in varie interviste, in cui per esempio parla della sua amica giornalista >Tina Merlin e della " 600" con cui la accompagnava a Erto: Quado, per esempio, viene creato il sito Internet, nel quale era possibile trovare le ultime notizie su film di Martinelli, ciò a cui viene dato più risalto dal " Gazzettino" è la presenza in prima pagina del fotografo Zanfron.
Finalmente il 9 ottobre 2001, il film viene proiettato, usando come schermo la " pancia" della diga. Le pagine del " Gazzettino" locale descrivono questa serata come un vero e proprio happening mondano. Del film si sottolinea la grandiosità e la spettacolarità : un kolossal da 18 miliardi, uno dei più grossi investimenti del cinema italiano, con effetti speciali mai usati nelle produzioni nazionali,realizzati in collaborazione con gli " americani", Andrea Bocelli che canta la colonna sonora del film," grazie all'interessamento di Caterina Caselli". Parallelamente anche la redazione locale del " Gazzettino" crea il "suo" film, dando voce a numerosi superstiti della tragedia del Vajont, ma, guarda caso, per prima cosa viene loro chiesto cosa ne pensino del film di Martinelli, quali emozioni e ricordi ha suscitato in loro. Il giudizio è positivo e unanime, non c'è spazio per le critiche. Un vero riscatto sociale, il cui merito va attribuito al cinema e alle sue capacità di spettacolarizzazione. Sulle pagine di cronaca locale ( forse troppo monotone in una cominità come quella bellunese ) si moltiplicano gli articoli che raccontano delle file davanti al cinema in cui viene proiettato il film, di cui continua a seguire le sorti anche nel resto d'Italia, con un occhio alla classifica degli incassi: Il 1° novembre appare in prima pagina la notizia che il film sul Vajont ha vinto la" Grolla d'Oro 2001", premio assegnatogli da una giuria popolare, nonostante la " politica denigratoria" condotta " anche in mala fede " dalla stampa italiana.
Ricomincia poi il tam-tam mediatico a cui il " Gazzettino" di Belluno fa da cassa di risonanza,. Il 27 e 28 settembre 2001, compaiono tra le prime pagine, due articoli che annunciano rispettivamente che del Vajont si riparlerà in televisione, nella prima puntata di " Ambiente Italia"su Rai Tre e sulle pagine del supplemento " Viaggi" del quotidiano " Repubblica ".
Non importa come dunque, l'importante è che se ne parli, e del Vajont non si è mai parlato tanto come negli ultimi quattro anni: potere dei media,che comunque hanno avuto come effetto di risvegliare un'identità e un orgoglio " montanaro" che nel corso degli anni cominciavano a scomparire.

Pasuch Marta